liquidambar
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Il Liquidambar Styraciflua è stato sicuramente il primo albero non indigeno che ho amato. All'epoca del mio incontro con questa stupenda specie delle Altingiacee, la pianta era ancora associata alla famiglia delle hamamelidacee (e questa è stata una ragione per la quale successivamente ho voluto conoscere gli altri membri della famiglia), era ancora, almeno da queste parti, poco conosciuta e poco si sapeva sia sulla resistenza, sia sulle necessità di questo gigante.

Non aggiungo la descrizione morfologica della quale troverete notizie alquanto esaustive in tutti i siti specializzati, mi soffermo principalmente su quelle che sono le caratteristiche di crescita e le eventuali problematiche che può generare il suo impianto.

In questa zona del Lazio il Liquidambar cresce veramente in maniera vigorosa, soprattutto se si acquistano esemplari giovani, o addirittura se si riproducono direttamente da seme (pratica questa che consiglio con tutti gli alberi: dopo un certo numero di anni le dimensioni saranno sicuramente simili ad un esemplare già adulto acquistato) anzi, in questo caso la crescita risulterà più sana ed equilibrata; un problema con le piante ottenute da seme potrebbe essere una non selezione accurata dell'individuo con maggiori caratteristiche salienti (colorazione, rugosità della corteccia, ecc.), ma in qualche misura ovviabili, contraccambiate però da una soddisfazione maggiore date da una crescita tumultuosa.

In questi terreni, soffici e sabbiosi, non esistono problemi di affioramento di radici da più parti riscontrati: la ricerca dell'acqua porta le radici ben in profondità, non dovrebbero, di conseguenza, neppure esistere problemi di diffusione in natura già evidenziati in Nord Italia, dove si riscontra la presenza, peraltro sporadica, allo stato naturale. Questo, unito al fatto che la specie non offre alla fauna autoctona, alcun compendio, quindi mal si integra nell'ecologia dei boschi italiani, nel delicato rapporto di scambio che ogni specie, animale o vegetale che sia, offre (ed a volte soffre) vicendevolmente, il Liquidambar si comporta da vero alieno; questi, dicevo, sono i 2 fattori che inibiscono maggiormente l'utilizzo della pianta da parte del sottoscritto.

Per il resto, l'albero, resistente ai forti venti della zona, alle alte temperature, ad un certo grado di siccità almeno da adulto, non soggetto a particolari malattie, si presta in maniera egregia a far parte dei nostri giardini come quinta in un ipotetico stagno, come esemplare isolato o a gruppo il Liquidambar ci regalerà in autunno colorazioni mai banali e sempre differenti, seguite dalla caduta delle foglie dall'odore caratteristico e ci accompagnerà con il suo aspetto aspro, vissuto, rugoso durante i mesi invernali con la sua silhouette inconfondibile.

Un'ultima annotazione, che però per me vale in assoluto per tutti gli alberi, il Liquidambar non va assolutamente potato. Per poterne godere ed apprezzare in pieno la forma infatti, che da quasi colonnare con gli anni si trasforma in cupolare, gli alberi passano attraverso la crescita vari stadi; da soli, quando saranno adulti faranno capire che è arrivato il momento di aiutarli a liberarsi dei rami inferiori, ormai rinsecchiti e poterne ammirare finalmente la dimensione, maestosa, adulta.

Le potature si eseguono solo in casi eccezionali e solo quando non ci sono alternative: se si interviene su di un albero, quasi sicuramente l'intervento successivo sarà per abbatterlo e questo al di là della sensibilità nei confronti di un organismo vivente sarà comunque uno spreco di denaro nell'averlo acquistato, tempo per averlo fatto crescere, di nuovo denaro per tirarlo giù, significa pure che la pianta non doveva essere posizionata in quel posto e che, quindi, nessuna potatura potrà aggiustare il danno iniziale: il tempo perso nessuno ve lo ridarà indietro.